Alberto Baroni

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Alberto Baroni

Alberto Baroni è un poeta che scrive sia in metrica, nelle sue diverse forme, o in versi sciolti, come pure in versi liberi e tale elasticità, lo pone senza dubbio in una posizione di interesse per chi cerca varietà e novità all’interno del moderno panorama poetico. La sua poetica rientra in prevalenza nel filone intimistico, con una notevole portata universale nella sua semplicità e chiarezza, ma mai soddisfatto di cercare solo se stesso, è portato ad affrontare la socialità nei suoi più disparati  aspetti. I suoi componimenti, sono un distillato di sensazioni e sentimenti che fioriscono in un giardino di sonorità suggestive, in cui si intrecciano senza soluzione di continuità passato e presente. Ogni parola sembra sgorgare da un movimento impresso nell’anima, da fatti e azioni dei quali l’autore è protagonista o semplice osservatore e il “verso” è lo spazio in cui questa materia si plasma in poesia.

POETA PASTORE

Il tuo è un avanzare a capo chino

fra la noia di un uggioso snebbiare,

unica nenia in questo tuo cammino

delle amiche tue pecore il belare.

 

Con occhi attenti guardi ogni contorno,

nella bisaccia hai tanto da narrare,

ma nessuno con cui farlo d’intorno,

hai solo il vento che ti sta a ascoltare.

 

Dici al fiume che ti scorre accanto,

quanto simile sia il vostro vagare,

e novelli sul tuo cuore infranto

da un amore che non ti sa aspettare.

 

Nei passi che dimorano nell’erba

racconti il desiderio di una casa

che la vita però non ti riserba,

e dell’angoscia che l’anima t’invasa.

 

Così parli agli alberi, ai fiori, alle stelle,

istanti di prezioso incantamento,

e sei poeta anche per un sol momento

pur se nel vento van le tue novelle.

L’ESSERTI AMICO FORSE NON È AMORE

Figlio mio!
Quando ti vedo sorridente, godo,
e anche mia è la tua felicità,
ma chioccia afflitta dalla cecità
non vedo oltre, e il tuo futur non snodo.

Mai m’avventuro a spaziare lontano
e m’accontento sempre del presente,
fo che il domani allor ti sia clemente
senza mai lasciare la tua mano.

Non è bontà la mia acriticità;
come il volerti sempre più vincente,
in ogni dove più di me eccellente,
celandoti qualsiasi avversità.

Dal tuo cammino tolgo ogni anfratto
ed ogni decisione io mi avoco,
lasciarti spensierato è quasi un gioco
così che dalla vita ti fo astratto.

Perché allor tanti giovani depressi
pur se mai tragedie li han sfiorati?
Che pure se magicamente amati
paion frutti appassiti dagli eccessi.

Allora mi convinco, e questo è amore,
che abbandonarti debbo ai fallimenti
che tralasciare devo, parimenti,
di occultarti infelicità e dolore.

Pur se del mio nido sarà morte
occorre libertà al tuo volare,
per ogni sogno imparerai a lottare
affrontando in tal modo la tua sorte.

Anche se ciò non ti farà piacere
debbo essere saggio ed esemplare,
non fare per te, ma insegnarti a fare.
Che questo sia il mio unico dovere!

INGANNO EMOTIVO

Canuta la luna s’aggruma

sul mio rinsecchito cortile

e lenta si posa la bruma

sull’orme d’un passo senile.

 

Fra l’ombre di pallidi steli

rinascono dolci ricordi,

attendo che il tempo si sveli

e con il presente s’accordi.

 

Sorride mia nonna felice

fra piccoli visi devoti,

di strade di vita lei autrice,

lei chioccia fra tanti nipoti.

 

Quell’ombra ch’io prendo a seguire

mi chiama mi porge una mano,

è forte il desio d’obbedire

ma troppo quel tempo è lontano.

 

Poi sopra l’incolto cortile

la luna nel cielo ora sfuma

svanisce quel volto gentile

rimane soltanto la bruma.

È SERA

L’acqua nel crepuscolo

smarrisce il suo candore

le luci del tramonto

ne cambiano il colore.

 

Rinvigorisce il vento

nell’ombra che s’avanza,

come in un valzer lento

nel cielo il pioppo danza.

 

Fra luccichii di gemme

gracidano le rane,

la luna nasce lemme

i grilli nelle tane.

 

Annuncia l’usignolo

col canto suo la notte

e là sotto il prugnolo

danzan lucciole a frotte.

 

Negli attimi esaltanti

del finire del giorno

i miei passi esitanti

sulla via del ritorno.

ANCOR PER UNA NOTTE.

Fra nubi nere il sole scende lento,
turbinio di vento sulla città,

fra strade scure par quasi un lamento,
per te s’allarma la mia affinità.

Mi chiedo dove sei, vuota è la casa,

e già la mente che corre agli occhi tuoi,

nell’includerti, insieme a te rincasa.

Forse ora stai comprando un libro per noi

alfin che il tempo nostro sia faceto.
Ora la pioggia che prende a cadere
fa lesto il tuo tornare e in ciò m’allieto,
ché prima se ne andran le mie chimere.

La più tremenda dice spesso: “pensa!

Presto non sarai più qui ad aspettarla!

I baci non saran la ricompensa

di quando lieto corri ad abbracciarla.

D’ogni intimità svanirà il sentore,

lei sopravviverà nella tua assenza,

ma dell’affinità del vostro amore

consolarla potrà solo l’essenza”.

 

Grande pena mi dà questo pensiero,

e se fosse che anche là nell’eterno
la tua mancanza io patissi invero?
Vorrebbe dir che allor sarei all’inferno.

Vorrei non accadesse, ma accadrà!

Non è il male che le ore fa severe

o saper che la vita se ne andrà,

ma è il non aver più te nelle mie sere.

Rumore dei tuoi passi, ansia dismetto,

tutte le paure fuggono a frotte,
sei già a casa, nostro unico tetto
a proteggerci ancor per una notte.

INFINITESIMAMENTE PICCOLO

Da fioca luce di una stanza

volano i miei pensieri

verso un cielo corvino,

che perduto nel tempo

come scrigno di diamanti,

conserva infinite stelle.

Occhi che più non vedono

rimirarono stupiti quel cielo

che anch’io guardo rapito.

S’alza la mano dal vergare poesia

e assorto in quel tempo non mio,

tremo della mia minuta fragilità.

NON E’ MISERICORDIA

Viso smagrito in una chioma incolta,

-lui è là – prostrato sull’asfalto

fra lacrime d’un cielo pietoso.

Labbra mute gridano disperate;

mani, tremuli artigli avvinti

al vuoto dell’indifferenza,

chiedono carità, forse pietà.

Intristiti occhi amari

a cui m’appresso con pudore

e accolto dall’acre odore

di una misera esistenza,

lascio cadere in quelle mani

spiccioli della mia coscienza.

Poco dopo, dimentico, m’affretto

nell’ipnotico bagliore del tempio

e sulla croce l’abbandono.

NOTTE DI PERIFERIA

Opaco suburbio sconcio,
d’ombre d’anime vagato.
Cristalli di bottiglie,

disseminati nell’erba,
scricchiolano come ghiaccio

nel calpestare di vite.

Sentieri che non rincasano mai,
alberi pietosi coprono

figli crocifissi

da chiodi di platica,
che per non patire dolore
non cercano mani materne…
ma un’altra dose ancora.

ALL’IMPROVVISO IL NULLA

All’improvviso il nulla!

Nessuna voglia,

nessuno verso,

nessuna rima.

Solo l’imperativo

di non pensare,

di non sentire,

di non gustare,

di non vedere…

solo mera inutilità

d’un vorticoso silenzio

che ti spegne.

Fra opachi riflessi del passato,

l’anima in sofferenza

non ha più forza

d’ascoltare parole già sentite,

chiacchierare di cose già sperate,

già vissute,

che per lei non han più senso;

è disagio, disgusto, riso amaro

nel quale…

rincantucciata fra cuore e mente

ingoia solo lacrime.

FELICITA’

Sono felice

quando meravigliato

mi prendono l’emozioni

e con trepidazione

gusto la vita.

 

Pensieri allegri

danzano nei miei giorni

sulla punta dei sogni,

non oppressi dal tempo

che si dissolve.

 

A volte è amore

nella gioia di un bacio,

nel tramontar del sole,

o stare a letto, mentre

di fuori piove.

 

È il desiderio

di cose sempre nuove,

è cancellare l’ignoranza

dall’ardito procedere

del mio cammino.

 

È intensità

di un attimo vissuto

che si trasforma in haiku,

è la vita che fermo

in un sorriso.