Luce Aura

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Laura è il mio nome, come la musa del Petrarca. Viaggiatrice dell’anima e cittadina del Mondo. Sono stata una maestra per piccole anime per tanto tempo… Attraverso un viaggio in me stessa mi sono riscoperta ritrovata, lasciando la strada conosciuta per un’altra, del resto un buon viandante fa questo, non resta sullo stesso sentiero più del necessario. Attraverso la poesia sono scesa in connessione con il mio Essere e da lì l’inizio del travaglio fino alla rinascita. Oggi faccio ciò che mi piace, mi dá gioia e passione nel vivere, fuori da ogni convenzione sociale. Operatrice olistica e cartomante sensitiva, perché nel sentire mio ed altrui l’anima si nutre e torna a casa. E delle mie poesie che dire? La Luna, la mia ispiratrice perché insita nel mio Essere donna ed in ogni donna cosciente. Sul mio sentiero la Guida a cui mi affido nelle scelte e nell’operare mio. Le carte di Modemoiselle Lenormand sono il mio strumento da sensitiva. Nelle mie ispirazioni vi è il richiamo di mondi lontani, di Re, Streghe, Fate, Maghi e persino i miei cari Avi che stanno tra le stelle insieme ai desideri da avverare.

 

Luce Aura

Luce Aura, alias di Laura Bianchi, milanese di nascita, docente e viaggiatrice dell’anima, scrive qui 80 poesie dal sapore calmo, sensuale, distante, smaliziato, seducente e incantato.  Amante sin dalla più tenera età della scrittura, che incontra tra i boschi,  emerge oggi nelle sue liriche, un aspetto del sé interiore intenso, l’angolo buio di cui tanti prima di lei hanno osato parlare. Un opera coraggiosa, dove i desideri, l’illusione dell’ego, l’uomo che gioca il suo gioco, il ladro di cuori e di ispirazioni che conquista il cuore di una donna, si fonde  con l’universo. Un sentiero di amore apparente o vero, immerso nei boschi della natura del femminile celato dentro a ogni nuova donna e a ogni donna nuova.
   

LA LUNA ERA TUTTA VERDE E QUADRATA

Come sicuramente ha detto qualcuno, far di poesia è cosa da anime inquiete tra le pensierose vette della filosofia della strada. Perché un poeta in fondo, è un filosofo senza esserlo, che tratta le cose del cuore e dell’anima – e tra quelle, appunto – vi naufraga dolce e poi subito si ritrova prima ancora di esserne uscito illeso, e recarsi il giorno dopo, a lavorare in fabbrica o in ufficio.

Tra i poeti abbiamo tutte le categorie, dal rappresentante di commercio, all’insegnante, all’operaio, all’idraulico, alla segretaria, all’ingegnere, alla cassiera a tempo determinato.

La poesia in fondo, capita a tutti, prima o poi nella vita, come una malattia, ma senza effetti collaterali gravi, anzi, pare faccia pure bene ogni tanto esserne stati affetti, seppur per poco.

Prende tutti, pare, a tutte le età, dall’adolescente innamorato, al pensionato che già lo sapeva d’esser poeta, e poi, di qui e di là alla fine, tutti risentono di non esserlo stato mai veramente, qualora non fossero stati capaci di esserlo nella vita normale tra il via vai di metropolitana di tutte le mattine e la sosta pranzo in azienda. Perché di poesia in fondo non v’è mai campato nessuno sul serio.

E oggi parliamo di un’autrice dal nom de plum aureo, seppur ribadito da un simile nome proprio di persona propria quasi comune. Dietro vi sta un animo a sembrar semplice, ma che di semplice neppur l’ombra della punta della penna da cui l’inchiostro scandisce parole di verso che da intimo diventa di tutti – perché tutti portiamo con noi l’intimo di tutti, inevitabilmente del disuguale di tutti – sino all’uguaglianza dei diseguali.

E quindi siamo qui, pronti da questo titolo appeso al cielo dei tempi nostri e ascoltiamone il silenzio, la metamorfosi di cosa siamo veramente, delle convinzioni che abbiamo, del tempo che scorre, della pioggia che cade e dell’amore che ci pervade in fondo, quanto la gelosia e il vento, il freddo o il silenzio di un borgo antico o quello dell’arte quando grida, e poi ancora delle lune ed oltre e per sempre. Della musica e degli ardori di cosa siamo veramente, forse custodi runici di una lingua di cui ben poco conosciamo, ma che intuiamo come unica, nella pietra scalfita nella notte dei tempi chissà da chi, chissà perché …

Buona lettura a tutti quindi, di questa buona poesia onesta e puntuale, pulita e senza neppure quella disperata voglia di essere ricordata, ma convinta, che anche soltanto essere passata, almeno una volta, già abbia fatto bene a chi l’ha scritta prima di tutto, e a chi l’ha visitata, seppur per sbaglio o per fortuna, anche senza averlo desiderato veramente.

Tutto questo, tra noi e felice d’esser passata almeno una volta… sempre tra noi.

fm.