Stefano Ciccone

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Il vero credente sa che disobbedire al Padre significa offendere anche il Figlio e lo Spirito Santo, quindi, di fatto, quando disobbedisce al Padre, non può pretendere di rivendicare i meriti del Figlio come fossero un suo diritto acquisito e valido a priori ed a prescindere comunque dalla sua condizione di reale ravvedimento e pentimento seguito da veri frutti di ravvedimento (Matteo3:7-8, Luca3:7-8) e non ultimo, dalla continua crocifissione della propria carne con Cristo (Rom.6:1-11) in quanto insita nell’opera della Trinità stessa.

 

Stefano Ciccone

Stefano Ciccone, nato a Roma nel ’62 è un appassionato della Bibbia da sempre, ha passato tutta la vita a leggerla e studiarla nel confronto complesso e consapevole della risposta a conclusione di un percorso. La bibbia rimane per l’autore un testo nel quale ritrovare e trasmettere le modalità per una vita non solo intellettuale ma quotidiana da viversi  anche soltanto per essere vissuta al meglio. questa è la sua prima opera pubblicata.

Introduzione dell’autore al “Popolo degli illusi”

Viviamo in un mondo con 6.908.000.000 di abitanti, di cui circa 2.230.000.000 sono cristiani (secondo i dati del libro Operation World di Patrick Johnstone) pari al 32,29% dell’intera popolazione mondiale.

Quasi la metà di questi sono cattolici, il 9% circa ortodossi, il 40% circa appartiene a chiese protestanti di varie denominazioni ed a movimenti da esse derivate. All’interno di essi  due terzi sono evangelici – o meglio evangelicali (protestanti fedeli alla Bibbia) – pari a quasi un quarto di tutti i cristiani e meno di un quarto di loro sono pentecostali storici (denominazione evangelica che pone l’accento sulla ricerca del l’esperienza vissuta dai discepoli alla pentecoste e definita come battesimo dello Spirito Santo) mentre i carismatici, che ricercano la stessa esperienza dei pentecostali, ma all’interno delle grandi chiese ufficiali (cattolici, protestanti, ortodossi) rappresentano quasi il 9% della popolazione mondiale e più di un quarto della totalità dei cristiani.

Ovviamente gran parte di coloro che vengono registrati nelle statistiche come “credenti” appartenenti  genericamente al mondo, altrettanto genericamente definito “cristiano”, non si ritiene “osservante” ed è piena di dubbi e di interrogativi circa la propria “fede” e la fede in generale, per contro molti altri si sentono e si definiscono cristiani con disinvoltura, se non con fierezza.    E’ credibile che così tanta gente si reputi tale?

Il  termine “cristiano” è nato, in origine, per identificare uomini e donne il cui carattere era simile e paragonabile a quello di Gesù Cristo e se così fosse per almeno gran parte dei sedicenti tali, allora la giustizia, la santità, l’equità e la verità, dovrebbero prevalere nel mondo attuale.

È vero che senza l’influenza storica e sociale del cristianesimo autentico (il sale e la luce della terra) il mondo sarebbe stato sicuramente molto peggiore ma l’attuale cultura imperante in occidente, ha rigettato tutti i fondamenti della vera fede cristiana.

In questo quadro desolante bisogna riconoscere comunque, che la crescita di comunità di veri credenti, fedeli a Gesù Cristo nel resto del mondo, dove vi è una severa, se non feroce persecuzione, è senz’altro un autentico miracolo dello Spirito Santo e della grazia di Dio, ma altrettanto non può dirsi purtroppo del vecchio occidente libero e ricco.

Cosa siamo diventati nell’opulenta Europa ed in nord America un tempo “cristiani” ma oggi ampiamente “post cristiani”, se non proprio anticristiani nel senso più vero del termine?

 L’apostolo Paolo scrisse ai fedeli: ”Esaminate voi stessi per vedere se siete nella fede” (2Corinzi 13:5).

Il  credente dunque, ha il dovere di verificare se stesso, di verificare se “è” realmente” ciò che “crede di essere”.

La richiesta esaminate voi stessi, fu rivolta dall’apostolo Paolo ai credenti di Corinto da lui stesso evangelizzati; se questo esame era dunque necessario anche a coloro che erano il frutto diretto della predicazione apostolica, possiamo immaginare quanto, tale esigenza, sia altrettanto pregnante per noi che non abbiamo avuto il privilegio di essere evangelizzati  dagli Apostoli e nemmeno dai grandi riformatori o dai predicatori puritani dei secoli scorsi.

Non dobbiamo pensare che l’obbedienza a tale check-up, mini la nostra fede, la Parola di Dio cioè la fonte della fede non può certo agire contro le sue creature, ciò che è vero non teme di essere verificato (la verità non teme la luce).

Chi ha una fede autentica non vuole essere ingannato dal proprio cuore, dalle proprie impressioni, dai propri sentimenti o dalla propria presunzione.

Coloro che dichiarandosi credenti si offendono se qualcuno ricorda loro l’ordine che Dio stesso gli rivolge nel suddetto verso, dimostrano, con tale attitudine, una “fede” gonfia e presuntuosa.

La disobbedienza a tale Scrittura è prova certa di orgoglio e timore della luce o se vogliamo, di amore per le tenebre ed il rischio di avere una fede puramente illusoria è veramente molto alto per loro.

Prenderemo dunque in considerazione le profezie del Nuovo Testamento ed in particolare quelle del nostro Signore Gesù Cristo riportate nei Vangeli riguardanti l’epoca immediatamente precedente il suo ritorno, cioè l’epoca che credo stiamo vivendo, a giudicare dal mondo in fibrillazione e dalla più ampia e profonda apostasia dalla fede mai vista da parte del cristianesimo ufficiale e non.

Ma se qualcuno è di altro avviso e non considera imminente la “parusia” (l’apparizione in gloria del Signore Gesù Cristo), non ritenga comunque vano l’esame della sua fede, dato che la morte può coglierlo in qualsiasi momento.

 

Commento dell’editore al “Popolo degli illusi”

Qui siamo in un ambito complesso, quasi come camminare sulle uova. L’ambiente biblico colmo di storia, immagini, simboli, rischia di diventare più che mai ostico per un nonnulla qualora si intendesse addentrarvisi senza il giusto armamentario. Eppure a conti fatti risulta sino in fondo scorrevole e mai monotono.

Infatti, per me lontano dall’ambiente legato alla fede cristiana, in quanto ateo da sempre, quando mi arrivò tra le mani il manoscritto di Stefano, lo iniziai a leggere con due timori che in me si scazzottavano, quello del dubbio di “chissà cosa ci sta scritto”  e quello della convinzione che mi sarei addentrato in un noiosissimo testo raccolto da un esaltato. Ma alla terza pagina già mi resi conto che scorreva benissimo e che i concetti, quei primi concetti, già stavano, come specie in seguito, aprendo, scandagliando, sviscerando un coacervo di concatenamenti al limite del teorema.

Un teorema che parla chiaro: il popolo degli illusi è il popolo degli appartenenti a quella o a quell’altra setta, chiesa, credo che passa il suo tempo a strattonarsi gli adepti ora nell’una, ora nell’altra sala, a seconda di quanto il Signore possa essere conveniente frequentarlo per il suo livello di bontà si presume abbia.

Il metodo di aggregazione sarebbe raccontare a questo popolo un Padreterno magnanimo disposto sempre a perdonare e sempre disposto a farsi convincere da un Figlio che anch’esso parrebbe l’anticamera del buonismo, sempre disposto all’accoglienza, laddove attraverso lui stesso, Dio in terra, invece di quella onestà, consapevolezza per una redenzione sincera e non approssimativa.

La chiesa, il culto che portasse avanti direttamente o indirettamente tale promiscuità ideologica rischierebbe di essere in se e per se, già l’anticamera dell’inferno.

Concetti complessi ma sviscerati dicevo con maestria in una accattivante lettura che mai appare come un ennesimo sermone ma come un parlare quotidiano tra semplici esseri umani peccatori ma prima di tutto uomini in carne ed ossa.

 

Introduzione dell’autore ai “Primi sette giorni del mondo”

L’origine del mondo e dell’universo è uno dei temi più affascinanti e dibattuti nell’umanità – praticamente in tutti gli ambiti culturali e scientifici – d’altronde come possiamo parlare di tutto il resto se non sappiamo chi siamo, da dove veniamo, come fa a esistere o perché esiste questo mondo e quest’universo? Ovviamente in questo dibattito non poteva passare inosservato il noto racconto della creazione che troviamo nel libro della Genesi, nel primo capitolo della Bibbia.

Innumerevoli esegeti, teologi, filosofi e pensatori provenienti dalle più svariate discipline si sono confrontati con questo testo nel tentativo di capirlo, spiegarlo, scoprirne il senso profondo o velato, decifrarlo, manipolarlo o criticarlo. Gli evoluzionisti atei hanno cercato di metterlo in ridicolo, mentre filosofi e liberi pensatori vi hanno cercato spunti in favore delle proprie idee.

Affrontare la sua analisi da parte di “incompetenti” sembra quasi un atto di arroganza. Ma dal momento che questi contenuti si trovano nelle Sacre Scritture, le quali si auto-dichiarano Parola di Dio, ispirata dallo Spirito Santo infallibilmente nei suoi scrittori umani – nel caso specifico Mosè – e che queste Scritture si dichiarano anche essere un messaggio da parte di Dio per l’intera umanità e per ogni singolo essere umano, allora sono state scritte evidentemente per essere comprese o meglio, per essere almeno comprensibili nella misura necessaria al nostro bene.

Affrontare la loro lettura per mettere alla prova la Parola di Dio può essere un atto di arroganza, come un atto di umiltà. Nel primo caso si pretende di dimostrarne l’inconsistenza, l‘origine mitologica, la non “scientificità”, nel secondo caso si vuole ascoltarla seriamente per capire cosa essa ha da dirci, perché motivati dal desiderio di sapere se L’unico vero Dio ha veramente deciso di parlarci e di rivelarsi.