Monica Ferrera, Nasce nella provincia milanese a Sesto San Giovanni nel ‘72. Infanzia a Bergamo fino all’età di 8 anni, poi a Sesto San Giovanni, nuovamente quindi a Milano. Specializzazione in Fashion Marketing, Uomo e Bambino. Nel 1993, si sposa trasferendosi a Voghera, Pavia: dove vive con la Famiglia e 4 figli. Nel 2012 dopo un dispiacere forte in Famiglia iniziò scrivere conquistando una nuova personalità di se stessa. Autodidatta mise su carta degli scritti e poesie dando vita ad un nuovo e appassionato sentimento verso la scrittura nel 2014 incomincia nei quaderni e in anonimato su alcune piattaforme digitali. Il Disegno la Pittura e la Fotografia, musica Classica le sue altre passioni. Adora stare in mezzo alla natura per questo viaggia molto, fotografando trova ispirazione verso la Poesia. La pittura amore sin da ragazzina ha fatto in modo di far risvegliare l’Artista dentro la sua Anima. Creare è: "Infinito nel cuore in nome dell’amore e delle passioni rivolte al mondo ogni cosa che nasce per amore non morirà mai".
Nella notte scura
Nella notte scura
si sentono i pensieri più scuri…
Nella notte scura…
Ti accorgi e ti ripensi.
Ti rivedi in un’intensità che
non credevi.
Nella più delicatezza
Nella più cortezza
Nella più dolcezza
Ti riscopri
In un’intensa
immagine di ricordi.
Avvolgenti e palpitanti…
Calorosi,
vogliosi di carezze.
Scalpitano nei cuori
un’immagine riflessa.
Nello specchio della
Vita.
In un attimo si identificano
ricordi indecifrati…
Capienti
cortesi sensi
incrocio di pensieri
colorati e accaldati
di due cuori innamorati…
Nella notte scura.
L’emozione non ha tempo
I pensieri sono emozioni
L’emozioni sono desideri
I desideri sono tesori
I tesori sono sentimenti
I sentimenti sono anime
Anime sono persone
Persone sono umani
Umani sono amore
Amore è tutto verso
Tutto e tutti.
Tutto ciò che abbiamo
Tutto e tutti.
Anche gli animali
Aver amore anche verso
di loro è amare.
Essere fieri
Essere fieri
Essere solo come siamo
Orgogliosi di noi stessi
L’uomo nero,
guardando nella notte…
Impetuosa.
Notte scivolosa
Lucente di stelle
Armoniosa
Credenza.
Anima mia
Orgogliosa del tuo spirito
Inebriante
Spettacolare
Coscienza dell’essere
Unica.
Essere soli… Mai!
Essere noi; sempre.
Con chi ti ama
per come sei.
Non cambiando per nessuno
In un mare in tempesta.
Nella mente imprigionata
arriva il sereno.
Nello spirito
vagando… nell’anima
dei nostri corpi.
Nell’immensità
di un amore
che naviga
nel cielo infinito
dentro di te.
Insieme…
Mai essere soli.
Nei silenzi…
Nei silenzi…
Raccogli i momenti
Negli spazi i vuoti
Nell’eterno richiamo dei sensi
I tuoi ricordi.
Non ragiono in ordine
Neanche lo spazio lo è!
Guardo nel cielo e mi rispecchia la luce
Illuminata negli occhi
Ridona eterno infinito.
Cercando sempre la luce
M’attraversa il brivido
Nel mio cuore battente
richiamo d’un respiro.
Vivo con il tuo respiro
Nel tuo c’è il mio.
Il richiamo d’un ossigeno
mischiato alla nostra vita.
La pelle d’oca riflette il sentimento,
il tuo amore è un’esemplare di vitalità.
Rincuorami amore mio;
dimmi quanto riesci a stare senza il mio
respiro;
dimmi se possiamo vivere senza:
L’amore.
Nella luce il risultato della vita.
Nei freddi inverni,
l’attesa del calore del sole.
Cercando sempre la luce.
Tempesta d’amore
Nell’amore che travolge non si ha nessuna
paura.
Siamo due fuochi accesi che ardono
come il fuoco appiccato.
Siamo due cuori che si fondono che non
temono, che si appagano tra di loro.
Noi nel nostro incendio,
vibriamo di pura emozione,
anche sotto la pioggia torrenziale,
non ce ne preoccupiamo, perché l’amore è:
Anche questo.
Non ha timore, se non quello di non potersi
Amare.
Vibra di suo, tra di loro brucia la
passione di un amore travolgente.
Baciami anche sotto la pioggia;
fammi sentire
l’ardore tuo, mischiato al mio si fanno scudo.
Riparami con le tue braccia, dove regna la mia
casa, dove ripararmi nel tuo petto sarà per me
la casa più sicura che c’è.
Io e te che ci fondiamo con la passione di un
bacio caldo come il fuoco …
Anche sotto la tempesta.
“ANIMA MIA” Prefazione di Alberto Pattini
Il filosofo Benedetto Croce ci ricorda che “Non l’idea, ma il sentimento, è quel che conferisce all’arte l’aerea leggerezza del simbolo” e Friedrich Nietzsche “Tutto ciò che è fatto per amore è sempre al di là del bene e del male”.
Le liriche dell’autrice Monica Ferrera rappresentano un inno alla bellezza della natura e trasmettono intensamente la meraviglia e lo stupore di un connubio intimo ed innamorato con essa.
Il suo linguaggio è semplice, capibile, perché la poesia non è per gli eletti, serve portarla al suo ruolo iniziale, un linguaggio che non sia prosa, ma che non sia incomprensibile.
Monica sa parlare col cuore, in autonomia creativa, senza sottostare a regole o canoni, ma procedendo con spontaneità, là dove la porta la fantasia. Insomma, chi ama, sa leggere nel profondo del cuore di una donna come della natura!
Nei versi che scorrono sotto i nostri occhi ci sono l’emozioni istintive di chi si sente parte del creato, di chi vive e respira la natura, di chi ne ama i suoni, i colori, i profumi, persino le asprezze.
La poesia serve a darci una scossa, a rendere visibili i moti dell’anima e a comprendere l’emozioni che altrimenti ci passano accanto con un battito d’ali di una multicolore farfalla. La poesia è il pennello della commozione che dipinge il sorriso, serve a fermare l’attimo delle sensazioni e dei sentimenti, a migliorare le condizioni dell’esistenza e a farsì che le orme del nostro passaggio restino indelebili.
La poesia è quell’arte che ci prende, ci avvolge, ci fa sognare per farci sentire felici e non più soli, ci fa volare come folli vagabondi tra le nuvole in cieli infiniti per vivere completamente l’arcobaleno dell’emozioni. Se stessimo solo a guardare dal basso il movimento delle nuvole come detta la ragione, la nostra anima smetterebbe di vibrare e la farfalla che è in noi morirebbe.
Riuscire a cogliere la bellezza in tutto ciò che ci circonda è il motivo che permea i versi di Monica Ferrera.
Come nella lirica “Aurora”: “Sofisticata visione / Eterni colori delle meraviglie / Un’intenso senso d’appartenenza / Sapore d’incredulità, visione perfetta, della natura / Misteriosa. Incredula. Naturale / Onde magnetiche come le nostre / che attirano il meglio di sé…” o in “Guardare il mare” : “Ed io mortale, ammirare solo qui / davanti, seduta, inchino lo sguardo / innanzi a te e in silenzio, ascolto con amore e tanta devozione il tuo cantare / ferma e innamorata di te, sto qui a guardare il mare”.
Al poeta è concesso ammirare, accarezzare un piccolo fiore umile fra le foglie intrise di rugiada. La poesia è un monito per noi uomini spesso presi da vane ed inutili distrazioni, intenti a rincorrere sciocche illusioni, incapaci di assaporare la bellezza della natura che ci trasmette ciò che la società moderna non può più donarci: il sentimento.
La nostra società si vergogna dei sentimenti e le giovani generazioni sembrano non conoscere lo stupore e il piacere del silenzio.
La poetica della meraviglia ha profonde radici storiche nei secoli della poesia e gli “antenati” di Ferrera sono quindi molti, e di tutto rispetto.
Per tutta l’antichità e per molti secoli a venire, l’arte in tutta la sua produzione fu imitazione della natura.
Tra i filosofi antichi, il greco Platone ha il merito di essersi occupato, in modo approfondito, della bellezza e dell’amore e citiamo la sua emblematica frase “La bellezza è lo splendore dell’Essere, la bellezza esistente nel mondo è copia della bellezza ideale”. Per lui, bellezza, amore, felicità, sono strettamente collegati. L’amore si serve della bellezza, come di uno strumento, per sorpassare i limiti del finito e raggiungere l’eterno, cioè la felicità.
Aristotile, nella sua “Poetica”, ne evidenziò il rapporto, indicando come da questa attività l’uomo tragga insegnamento e diletto. Aristotile, a differenza di Platone, mise in risalto inoltre come la creazione dell’opera d’arte permetta la materializzazione dell’idea e quindi la sua manifestazione. Quest’idea però scaturisce esclusivamente dalla mente dell’artista e non può essere equiparata alla concezione platonica di bellezza assoluta.
La prima vera “poesia della natura” risale al poeta latino Decimo Magno Ausonio (310 – verso il 395) il più noto e importante poeta della cultura gallica della seconda metà del IV secolo.
Nel suo capolavoro il poemetto “Mosella” che in circa 500 esametri celebra il paesaggio che si gode lungo il corso del fiume della Mosella descrive paesaggi in versi di pregevole grazia creando una nuova sensibilità del paesaggio.
“Salve, o fiume cui dan lode i campi e gli abitanti, a cui i Belgi debbon le mura degne dell’impero; fiume con le colline coltivate di viti che danno il vino profumato; fiume tutto verdeggiante fra le rive erbose!” (vv. 23-26).
Questi pochi versi fanno già capire che il poemetto diviene il canto che dal cuore commosso del poeta si leva verso lo stupendo fiume, dentro il quale si riflettono, come in un miraggio, i colli e le fertoli campagne circostanti: “quando la glauca corrente rispecchia il colle e pare per l’acque frondeggino e che il fiume sia un campo piantato di tralci: il barcaiolo, ingannato, vi conta le verdi viti, mentre con la barca scorre sopra acque calme (vv. 189 sgg.).
Leggendo questi versi, che non annoiano mai, tale è la capacità dell’autore di variare le angolature da cui contempla l’unico soggetto, il fiume che scorre sereno in un’atmosfera piena di vita, di luci, di suoni, di profumi, ci si sente veramente trasportati in una dimensione diversa da ogni altra.
Altri poeti precursori sono stati Rutilio Namaziano che canta Roma umiliata dal sacco dei Visigoti, per citare i precursori, per arrivare alla Emily Dickinson in “L’estate è finita”, al Rilke in “Il risveglio del vento”, o a Giosuè Carducci in “San Martino”, per citare alcuni testi che sicuramente tutti abbiamo studiato a scuola, fino ad arrivare a Garcìa Lorca, che intitola una poesia proprio “Paesaggio”.
Ma il maggior poeta che ha aperto profondamente il suo cuore alla natura è stato Giovanni Pascoli, dal quale traspare tutto l’amore che una persona cresciuta in mezzo a paesaggi meravigliosi può avere per la natura.
Il poeta Giovanni Pascoli descrive che esiste dentro di noi un fanciullino che nell’infanzia si confonde con noi, ma, anche con il sopraggiungere della maturità, non cresce e continua a far sentire la sua voce ingenua, suggerendoci quelle emozioni e sensazioni che solo un fanciullo può avere.
Spesso, però, questa parte che non è cresciuta non viene più ascoltata dall’adulto.
Il poeta invece è colui che è capace di ascoltare e dare voce al fanciullino che è in lui e di provare di fronte alla natura le stesse sensazioni di stupore e di meraviglia proprie del bambino o dello stato primitivo dell’umanità.
Il fanciullino prova sensazioni che sfuggono alla ragione, ci spinge alle lacrime o al riso in momenti tragici o felici, ci salva con la sua ingenuità, è sogno, visione, astrazione.
Il nuovo si scopre, non si inventa, la poesia è nelle cose, anche nelle più piccole.
La poesia ha un compito civile e sociale: il poeta in quanto tale esprime il fanciullino ed ispira i buoni e civili costumi solo grazie al suo sguardo puro ed incantato. Ognuno di noi ha un fanciullino dentro basta non inibirlo. Lungi da me di paragonare l’autrice Monica Ferrera al sommo Pascoli, ma volevo evidenziare che la sua poetica esce dall’entusiasmo delle piccole cose, che alla fine sono quelle che contano.